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Analizzare i dati senza perdersi nei numeri

Oggi, avere accesso ai dati è facilissimo. Con pochi clic possiamo sapere quante persone visitano il nostro sito, da dove arrivano, quanto tempo restano e su quali pagine si fermano. Ma la verità è che i dati non sono automaticamente utili solo perché ci sono.

Spesso ci si limita a osservare qualche numero in dashboard come gli utenti settimanali, le visualizzazioni di pagina, magari il tutto condito da un bel grafico. Ma questi numeri, da soli, non dicono se il tuo sito o la tua app stanno davvero funzionando. Il vero punto è: stanno facendo quello che ti serve? Portano contatti? Spingono una conversione? Fanno crescere qualcosa, oltre le visite?

È qui che entra in gioco una buona lettura dei dati. Perché un report ben fatto non serve solo a sapere quanti utenti hai, ma a rispondere a domande molto più concrete:

  • Cosa fanno gli utenti una volta arrivati sul sito?

  • Quali canali portano persone realmente interessate?

  • Ci sono punti in cui gli utenti si bloccano o escono troppo presto?

Insomma, i dati diventano utili solo se sappiamo leggerli nel modo giusto. E questo non significa diventare analisti, ma avere una bussola, che ti aiuti a capire dove andare e cosa migliorare. Uno strumento come quello offerto dalle Google Analytics 4, per esempio, può sembrare complicato all’inizio, ma in realtà offre già tutto quello che ti serve per capire se il tuo progetto digitale sta facendo il suo lavoro.

Questo articolo non ha l’ambizione di porsi come una guida definitiva all’utilizzo di questo strumento di analisi, ma piuttosto come una mini guida per chi vuole iniziare a leggere i dati con un po’ più di consapevolezza, senza perdersi nei tecnicismi, ma concentrandosi sulle cose che contano davvero.



Cosa guardare davvero (e perché)

Ecco 5 elementi chiave da monitorare, con esempi concreti, per avere una prima analisi efficace del proprio sito o app:

1. Durata media della sessione

Ti dice quanto tempo gli utenti restano sul sito. Se gli utenti da Google restano in media 2 minuti, ma quelli da Instagram solo 20 secondi, la causa può essere un contenuto poco coerente con l’annuncio o un sito che da mobile non convince.

2. Pagine per sessione

Misura quante pagine vengono visitate da ogni utente. Se restano sulla homepage e poi escono, forse non trovano un motivo per approfondire: magari manca una Call To Action chiara o la navigazione è poco intuitiva.

3. Tasso di rimbalzo (Bounce Rate)

Indica la percentuale di utenti che abbandonano il sito dopo una sola pagina. Un bounce rate superiore al 70% può segnalare contenuti poco rilevanti, lentezza nel caricamento o problemi tecnici.

4. Eventi personalizzati

Con Google Analytics puoi tracciare clic, invii di form, scroll, video visti ecc. Se 500 utenti visitano la pagina “Contatti” ma solo 3 inviano il form, c’è qualcosa da rivedere: il form è troppo lungo? Poco visibile? Serve una call to action più diretta?

5. Origine del traffico

Ti aiuta a capire da dove arrivano gli utenti e come si comportano. Magari LinkedIn ti porta meno visite di Facebook, ma più qualificate: restano di più e compilano il form. In questo caso, meglio investire lì.





La cosa più importante da tenere in considerazione è che i dati non servono a dimostrare che “tutto va bene”, ma ad aiutarti a capire cosa funziona e cosa no. Sono uno strumento, non un verdetto. Se sai dove guardare, e soprattutto cosa cercare,  puoi trasformare ogni report in un’opportunità di miglioramento. Perché i numeri, da soli, non parlano. Serve una strategia che sappia farli parlare per te.

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Dario Scopesi
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