Strumenti potenti per un copy efficace.
Chi legge, chi parla, chi osserva
A leggere la parola pronomi i polsi già tremano, impauriti da un apparente tecnicismo che, vuoi la sua natura di parola espressamente riferita al mondo della grammatica, tende a inquietare per la sua ineffabilità.
Più le cose sono astratte, si sa, meno si riesce a definirle. È una sensazione implicita che, molto spesso, deriva dalla facilità con cui gestiamo una lingua madre senza porci alcuna domanda sui suoi ingranaggi. Eppure sono proprio quelli a fare, letteralmente, il senso di ciò che diciamo e scriviamo.
I pronomi, dunque, dovrebbero casomai incuriosirci e destare la nostra attenzione di copy: sono una delle leve con cui costruiremo il mondo narrativo dove si aggirerà il nostro lettore, e a volte possono persino diventare l’esca con cui lo attireremo, facendolo diventare in tutto e per tutto il nostro cliente.
Prendiamo, per esempio, i pronomi soggetto, quelli cioè che ricoprono la funzione del soggetto, e si legano quindi a un verbo, a un’azione. Se ci stiamo rivolgendo a un potenziale cliente, l’intento sarà quasi certamente quello di avvicinarlo e attirarlo. Ecco allora che possiamo lavorare sull’uso dei pronomi. Una possibile strategia consiste nel trasformare lui, il cliente, nel soggetto delle nostre frasi, con attenzione all’uso accorto di singolari e plurali. Meglio un generico “voi”, o un diretto e inequivocabile “ehi, tu, sto parlando proprio a te, ti conosco, ti vedo!”?
La lingua, malleabile com’è, gira la frittata quando ci soffermiamo a riflettere su chi parla, chi legge, e sul punto di vista che il nostro testo può assumere per generare determinati effetti. Visto? “Il nostro testo” sta richiamando l’attenzione di “noi”, comunità di persone che, per diversi motivi, ci stiamo interessando al copy e siamo dunque attirati da questo articolo. Usare la prima persona plurale “noi” può risultare una strategia vincente se l’intento è quello di coinvolgere, accorciando le distanze tra chi scrive e propone servizi o prodotti e chi legge. Ci mette, insomma, sullo stesso piano. Il noi diventa una voce corale, ma prima di tutto una voce che si distingue da una certa vaghezza impersonale: ci identifica, ci parla, magari ci chiama.
Tra chi parla e chi legge, insomma, si stabiliscono sempre dialoghi più o meno espliciti che sarebbe bene non sottovalutare. A volte è bene far sparire la voce e la posizione di chi sta parlando(e quindi lavorare sui pronomi eventualmente coinvolti), ma altre volte, sempre in base agli obiettivi e alla strategia, è invece importante rimarcare la presenza di qualcuno che ci ha messo “le dita sulla tastiera” e di qualcun altro i cui occhi si sono fermati proprio sulle nostre parole. C’è uno schermo, più raramente c’è un foglio di carta: sono filtri che dividono noi copy dall’utente finale al quale stiamo raccontando servizi e opportunità, ma grazie all’attento uso dei pronomi, possiamo simulare la sparizione di questa membrana, allestendo un ping pong linguistico che assomiglia alla realtà e a seconda dei casi sa farsi accogliente, togliere i freni, diventare formale ecc ecc.
Foto di Khoiru Abdan su Unsplash
Alessandra Chiappori
Copywriter