Quando le mani parlano più forte delle parole
Il viaggio di un'opera d'arte che ha trasformato l'empatia in connessione visiva
Dolcedo, sagrato della chiesa. Metro alla mano e sketchbook aperto
Stefania Bosi si trova davanti a una nicchia di dimensioni imponenti e una sfida creativa altrettanto grande: trasformare il concetto di "empatia" in qualcosa di tangibile, di potente, di immediato.
"Le dimensioni non mi hanno assolutamente spaventato," racconta, "forse in modo un po' incosciente."
Da quella sessione di sketching nascerà "Voci Silenziose" - due mani alte 2,5 metri che in pochi mesi attraverseranno tre esposizioni diverse, dall'arte umanitaria ai diritti umani, dimostrando come un'opera possa diventare ponte universale tra messaggi e persone.
IL LINGUAGGIO UNIVERSALE DEL TOCCO
"Per me le mani sono il primo punto di contatto col resto del mondo," spiega Stefania. "Durante il covid non poter toccare (e abbracciare) le persone mi è pesato molto. Per me le mani sono simbolo di concretezza, del fare."
Una scelta simbolica che affonda le radici in un'esperienza collettiva ancora fresca nella memoria di tutti. Le mani come bisogno primordiale di connessione, come strumento di azione, come ponte tra intenzione e realtà.
Due settimane di lavoro intenso su tavole di legno e tela, impermeabilizzate per resistere alle intemperie. Ogni mano pesa 25 chilogrammi - un dettaglio che racconta la concretezza di cui parla Stefania: anche l'arte, quando vuole comunicare davvero, ha un peso specifico.
QUANDO L'ARTE INCONTRA LA GENTE
Il momento di svolta arriva durante la prima esposizione al Festival Arti Umanitarie di Dolcedo. Sul sagrato della chiesa si esibisce una band africana, e l'illuminazione dell'installazione crea qualcosa di inaspettato.
"Le mani degli spettatori che scandivano il ritmo della musica stagliavano le loro ombre sulle mie mani. È stato molto emozionante."
L'opera diventa viva, partecipativa. Le mani dipinte si moltiplicano nelle ombre di quelle reali, creando una coreografia spontanea di connessione umana. È il momento in cui l'artista comprende di aver centrato qualcosa di più grande del progetto iniziale.
Stefania Bosi si trova davanti a una nicchia di dimensioni imponenti e una sfida creativa altrettanto grande: trasformare il concetto di "empatia" in qualcosa di tangibile, di potente, di immediato.
"Le dimensioni non mi hanno assolutamente spaventato," racconta, "forse in modo un po' incosciente."
Da quella sessione di sketching nascerà "Voci Silenziose" - due mani alte 2,5 metri che in pochi mesi attraverseranno tre esposizioni diverse, dall'arte umanitaria ai diritti umani, dimostrando come un'opera possa diventare ponte universale tra messaggi e persone.
"Per me le mani sono il primo punto di contatto col resto del mondo," spiega Stefania. "Durante il covid non poter toccare (e abbracciare) le persone mi è pesato molto. Per me le mani sono simbolo di concretezza, del fare."
DAL SAGRATO AI DIRITTI UMANI
Le richieste di esposizione si susseguono: Villa Faraldi per la mostra "Gesti", poi Amnesty International per "Voci Silenziose" a Imperia. Tre contesti diversi, un messaggio che si adatta e si amplifica.
"L'impatto più grande credo sia dato dalle dimensioni miste al tratto poco delicato del disegno. Esprimono forza e decisione."
Non delicatezza fine a se stessa, ma forza comunicativa. Le mani di Stefania non sussurrano: parlano chiaro, occupano spazio, chiedono attenzione per chi non ha voce.
LA RESPONSABILITÀ DELL'ESSERE CONCRETI
"Non avevo mai pensato di poter fare una cosa così e penso che lo rifarò," riflette Stefania sul vedere la sua opera servire la causa di Amnesty International. "Mi ha dato molta soddisfazione anche se penso che il mio contributo sia molto piccolo in confronto a ciò di cui hanno bisogno certi temi."
È proprio in questa consapevolezza che risiede la forza del progetto. Nessuna presunzione salvifica, ma la comprensione che anche i contributi "piccoli" - quando sono autentici - possono diventare parte di un mosaico più grande.
"La responsabilità più grande è di non rimanere fermi."
Una frase che riassume un approccio alla creatività applicata: non l'arte per l'arte, ma l'arte come strumento di partecipazione attiva alla conversazione sociale.
OLTRE LA CREATIVITÀ: LEZIONI DI COMUNICAZIONE AUTENTICA
"Voci Silenziose" insegna qualcosa che va oltre l'arte: quando la comunicazione nasce da un bisogno autentico, trova sempre il suo pubblico. Tre esposizioni in contesti diversi ne sono la dimostrazione.
Le mani di Stefania funzionano perché parlano una lingua che tutti comprendiamo, perché nascono da un'esperienza condivisa (la pandemia), perché si fanno carico di un peso - letterale e metaforico - senza nasconderlo.
In un mondo saturo di messaggi, forse è proprio questo ciò di cui abbiamo bisogno: comunicazione che ha il coraggio di occupare spazio, di pesare 25 chilogrammi per mano, di resistere alle intemperie.
Comunicazione che, come le mani, non ha paura di toccare la realtà.
Stefania Bosi
Strategist
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