Occhi sul piano di comunicazione: cosa racconta la rete

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Occhi sul piano di comunicazione: cosa racconta la rete

Spunti, idee, curiosità e trend dal mondo digitale per stare in ascolto e aiutarci a ripensare, progettare e lavorare a un buon piano di comunicazione

Lavorare al piano di comunicazione è una sfida impegnativa ma ricca di stimoli quotidiani: bisogna imparare a osservare con attenzione non solo il percorso dell’azienda o dell’attività per la quale quella pianificazione è costruita ad hoc, ma anche il contesto che vive intorno a noi e a quella realtà, modificandosi anche spesso. Da queste novità nascono gli interrogativi che attivano i nostri ingranaggi di comunicatori: il nostro piano di comunicazione procede a vele spiegate, come ci suggeriscono i monitoraggi predisposti, oppure qualcosa non funziona a causa di cambiamenti del mercato, dei competitor o del target che abbiamo selezionato?

Mai abbassare la guardia, quando si tratta di comunicazione: lo abbiamo visto analizzando insieme alcuni trend utili a testare la bontà delle nostre analisi di mercato. Il mondo digitale cambia repentinamente le carte in gioco con nuove dinamiche, nuovi contenuti oppure ostacoli da imparare ad aggirare. Vediamo insieme qualche tendenza che, tra quelle che si configurano all’orizzonte, potrebbe esserci utile per riadattare il piano di comunicazione.

Un piano di comunicazione che ascolta e chiacchiera

Come afferma Mafe de Baggis parlando di lavoro sul brand: “Il nostro lavoro è creare ponti, uniamo le persone, ma spesso le dividiamo in base alla carriera, al percorso di studio e lavorativo seguito”. Dovremmo, quindi, cercare di presentarci al cliente con coerenza, anche su diversi mezzi, ponendolo sempre al centro. Il piano di comunicazione ha un ruolo strategico in questa attività: è così che possiamo progettare una serie di contenuti specifici per tenere desta l’attenzione dei nostri target. Tutto si intreccia: l’analisi, la pianificazione, e poi gli specifici contenuti da realizzare, ha ragione Mafe de Baggis: “se allineiamo i piani editoriali (che son cosa diversa dai calendari di pubblicazione tre-post-alla-settimana) e i piani di comunicazione, uno sopra l’altro, scopriamo che farli lavorare insieme – a partire dalla brand story – è un grande aiuto”.

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Chiacchiere, chiacchiere: il digitale è pieno di parole e dialoghi, ma hai pensato che questa caratteristica fosse una leva di maketing? Si chiama marketing conversazionale e ha a che fare con l’ascolto delle esigenze del cliente e con il ruolo centrale dell’esperienza. Avvicinare il cliente e ottenere, insieme, dati utili per affinare le tue ricerche sul target è un’attività facilitata sempre più dai software di chatbot che simulano una conversazione con il cliente. L’esperienza ne gioverà se questa interazione sarà il meno artificiosa possibile, magari spingendo sulle emozioni e dunque coinvolgendo al massimo grado l’interlocutore umano. È un’attività già sviluppata attraverso le mail, con un lavoro sui testi finalizzato a renderli più simili a una vera conversazione e inviti all’azione attraverso call to action specifiche.

L’automazione e la tecnologia forniscono oggi molti spunti utili per progettare una strategia di marketing conversazionale, parola di Luciano Zambito, esperto di chatbot marketing. Pensa infatti a come può procedere velocemente la segmentazione degli utenti attraverso i media chat, e ancora alla possibilità di personalizzare i contenuti su landing, e-mail, messaggi broadcast per aumentarne l’efficacia, senza contare poi sulla velocità e disponibilità di questi strumenti nei confronti degli utenti. Intravedi spunti utili per il tuo piano di comunicazione?

Nuovi target, nuove attenzioni

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Nel suo libro #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale (Hoepli, 2021), Alice Avallone propone uno schema chiaro di quelle che ormai sono diventate generazioni definite non solo da dati anagrafici, ma da peculiarità che riguardano l’approccio al digitale. E così, se siamo abituati a pensare ai millennial come ai primi “digitali”, sappiamo forse meno della generazione Z, i nati cioè tra il 1996 e il 2010, nativi digitali e già svezzati a suon di web e social media. Un target molto importante per i brand che vogliano farsi strada su questi canali, con i contenuti più opportuni per ingaggiare una fascia di popolazione peculiare, che si affaccia proprio ora sul mercato.

Diversamente dalle precedenti generazioni, i ragazzi della Gen Z hanno gusti, preferenze e abitudini che ne fanno un target definito, da ascoltare e coinvolgere anche in prospettiva di un piano di comunicazione. I sondaggi più recenti su queste persone svelano infatti quali tipi di contenuti e interazioni cercano sul web, spingendoci a riflettere sui touch point che, se vogliamo includerli per allargare il nostro mercato, dovremo tenere in considerazione.

Sempre più presente sulla scena digitale, e dunque nuovo target di mercato interessante, la generazione Z è protagonista delle tendenze del momento, sempre più orientate al marketing esperienziale e al mondo dell’influencer marketing. Dall’off line all’online, il cliente ama sentirsi coinvolto, trovare offerte personalizzate e una cura da parte dell’azienda che lo faccia sentire coccolato. Ogni target ha le proprie peculiarità, per questo vale la regola che ricordiamo sempre, quella di mettersi in ascolto e intercettare i suggerimenti che la rete ci restituisce indietro.

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Nient’altro che un po’ di empatia

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Il cliente è sempre più al centro delle dinamiche del marketing digitale, lo confermano alcuni trend che, per il 2022, caratterizzeranno l’approccio delle piccole e medie aziende, tutti orientati all’ascolto, all’esperienza umana e alla conversazione. In un parola: empatia sarà la parola chiave che accompagnerà la definizione dei piani di comunicazione per un anno destinato, come speriamo, a condurci fuori dall’emergenza sanitaria.

Sotto i riflettori ci sono le relazioni umane, che sempre più scivolano verso il digitale trasformandosi in nuovi legami tra azienda e dipendenti, clienti e target da conquistare. Tutto rema nella direzione di una sempre maggiore autenticità e vicinanza, da trasmettere sia con il linguaggio, attraverso l’affinamento di strumenti tecnologici, sia attraverso una cura che dall’ascolto sappia creare autentica vicinanza, sia con la trasformazione della modalità lavorative, per esempio grazie al lavoro da remoto.

Da questa esigenza scaturisce il successo dell’influencer maketing, che avvicina le persone vere, soprattutto quelle della generazione Z. Non è secondo alla tendenza il personal branding, specialmente per le piccole imprese, dove la persona si identifica con l’attività stessa. Metterci la faccia, insomma, potrebbe diventare una nuova leva di marketing, nella prospettiva di stabilire legami con i clienti sempre più credibili, leali e quindi solidi.

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