Brand identity: dal logo alla comunicazione che funziona

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Brand identity: dal logo alla comunicazione che funziona

Per capire cos’è la brand identity bisogna pensare a un insieme di elementi utili a far capire cosa rappresenta il brand, a quali valori e universi si ispira

“Senza brand identity non sei nessuno”. Quante volte lo abbiamo sentito dire? La comunicazione è un meccanismo complesso fatto di tanti ingranaggi, ognuno specifico ma tutti legati da un progetto comune. Per capire cos’è la brand identity bisogna quindi pensare a un insieme di elementi – il logo, il tono di voce, le linee cromatiche, il naming, il payoff – utili a far capire cosa rappresenta il brand, a quali valori e universi si ispira.

Progettare e sviluppare la brand identity è una delle parti più creative del nostro lavoro: quando possiamo lavorare sulla comunicazione di un cliente partendo da questo punto, sappiamo che entreremo nel progetto in modo coinvolgente e ne tracceremo le fondamenta già in modalità strategica.  In questo articolo esploreremo da vicino, con gli occhi di un’agenzia di comunicazione, uno degli ingranaggi principali di BMC, una delle tre grandi rotelle che con il marketing e la comunicazione danno avvio al nostro lavoro con i clienti.

La brand identity: come connotare l'azienda

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Quando in BMC arriva un nuovo cliente, la prima operazione che ci apprestiamo a fare è un controllo su quelli che ci piace definire i tre ingranaggi fondamentali, con riferimento all’acronimo della nostra agenzia (BMC: Brand Marketing Communications). Per ogni prodotto, anche il più semplice, analizziamo il marketing e la comunicazione, ma non potremmo farlo se non considerassimo anche il brand: è proprio questo il punto di partenza da cui possono svilupparsi e articolarsi anche gli altri ingranaggi. Il brand, infatti, connota tutto ciò che seguirà.

Non c’è manuale di comunicazione che non sottolinei il ruolo centrale della connotazione: lo ricorda, e illustra con abbondanza di esempi nei suoi libri, la pubblicitaria e saggista Anna Maria Testa. In La parola immaginata, testo dedicato al copywriting, ci ricorda che “tutti noi consumiamo prodotti in parte per quello che sono e in parte per quello che significano” e che “la specifica promessa del prodotto si manifesta grazie a un nome e a una confezione che la esprimono, e può essere confermata e amplificata da una comunicazione che la racconta secondo una modalità specifica”.

Non solo raccontare, ma anche far vedere fa parte della connotazione del prodotto, perché il lavoro sulla brand identity è, soprattutto, un lavoro che ha a che fare con la percezione. E così tono di voce, storytelling, ma anche e soprattutto colore, forme, naming, sono tutti elementi personalizzabili e dal valore apparentemente effimero ma decisivo, sul lungo termine, per identificare quel brand e renderlo riconoscibile.

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È difficile sviluppare piani strategici di comunicazione senza aver prima revisionato tutti gli ingranaggi e averli messi a sistema con progetti e obiettivi specifici. Senza una visione d’insieme, come abbiamo già detto, non si può realizzare un progetto efficace: BMC lavora  proprio per rendere funzionali queste dinamiche. Come? Partendo dalla prima mossa: costruire un brand. Solo da lì potranno poi partire la strategia generale e quindi le mosse di comunicazione sui tanti touch point digitali e non.

Sarebbe molto complesso, e per nulla produttivo, creare un piano editoriale di contenuti digitali senza prima aver analizzato a fondo il contesto, il target e i competitor, averne derivato gli elementi necessari per la propria brand identity e aver strutturato un piano di comunicazione. Ecco perché tutti i processi di lavoro e sviluppo di BMC mettono al primo posto la consapevolezza: se prima non si chiarisce la brand identity, non si mettono a fuoco valori, significati, e non si costruisce la loro identità visiva, sarà impossibile realizzare un piano di marketing e sviluppare la successiva comunicazione.

Da dove iniziare il lavoro sulla consapevolezza? Strutturando la prima, necessaria, azione di marketing: scegliere il proprio posizionamento, il brand positioning. Questo significa analizzare il mercato dove il brand si andrà a posizionare, individuare eventuali nicchie libere – compito spesso non facile! - capire quali saranno gli ipotetici clienti e dunque derivarne il o i target. La strada per arrivare al logo e alle sue declinazioni è lunga e passa, anche in questo caso, da un lavoro di studio preliminare che riteniamo imprescindibile.

Il logo e l’identità visiva

Lo ammettiamo: arrivare allo studio del logo vero e proprio è una parte del lavoro di comunicazione che ci appassiona e coinvolge. Da dove si parte per affrontare questo compito creativo? Ancora una volta, dall’analisi. Occorre infatti analizzare i valori aziendali, gli obiettivi, il target e il contesto: un lavoro inteso quando riguarda nuove aziende o marchi. Se il brand è storico, invece, si parte dall’esistente. Il lavoro consisterà allora in un rebranding, cioè una nuova declinazione del logo. In questo caso ci facciamo consegnare tutti gli elementi esistenti, dal sito ai social, dai biglietti da visita alle brochure.

All’analisi affianchiamo, nel caso tutti gli elementi utili e diamo il via alle danze, con lo studio del logotipo e dell’immagine che rappresenterà il marchio. Nel momento in cui sviluppiamo il brand ci concentriamo naturalmente sull’identità visiva che avrà, quindi su colori, font, linee. Si tratta del concept, che contiene gli elementi base e gli elaborati grafici che li valorizzano.

L’identità visiva deve essere coerente e andrà rispettata in tutte le destinazioni, dai cartacei al mondo digitale. Per farlo esiste la tavola di stile, un documento che include tutte le declinazioni della brand identity e che tiene conto di ogni destinazione e uso. A questo punto, dopo un’opportuna formazione, la palla passa al cliente, al quale affidiamo le guidelines che lo aiuteranno a comunicare al meglio la propria brand identity.

Dal Concept al logo

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